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La luce di Aiace e Cassandra: in dialogo con Jago

Quando siamo arrivati in via Foria, i palazzi di Napoli sembravano tutti impacchettati con nastri azzurri e bianchi come giganteschi regali di Natale, la città ricordava in ogni istante l’orgoglio del terzo scudetto. Dopo pochi giorni il rione Sanitá avrebbe festeggiato un altro evento: Jacopo Cardillo, in arte Jago, ha scelto di trasformare la chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi in un museo permanente dedicato al suo lavoro. La chiesa è stata per anni il suo studio, qui ha scolpito la Pietà e a maggio ha presentato la sua nuova opera, Aiace e Cassandra, con una grande festa dedicata al suo lavoro e a tutto il quartiere, a cui è profondamente legato. Light Company ha realizzato il progetto illuminotecnico del museo. La nostra collaborazione con Jago inizia nel suo studio di Anagni mesi prima, abbiamo parlato del marmo, di come le sculture si nutrano della luce per esprimersi e rivelarsi e di quanto questo condizioni la fruizione dell’opera. Ora che il nostro lavoro per il museo si è concluso, abbiamo pensato di ragionare con Jago sul suo lavoro e sul contributo che la luce ha nell’esperienza del visitatore.

Che ruolo hanno il buio e la luce nel tuo lavoro?

L’ombra e la luce sono una parte fondamentale della scultura e del mio lavoro. La scultura è fatta di luce, e quindi di chiari e di scuri, una scultura senza profondità e ombre è una scultura che non racconta. Lavorando il marmo ci vuole un equilibrio perfetto tra queste due cose, l’ho capito molto bene qui a Napoli alla sanità, dove i contrasti, le luci e le ombre sono potentissimi. Qui capisci cosa significa fare scultura.

L’esperienza di luce su Aiace e Cassandra di Jago

In termini di luce, qual è il momento migliore per visitare il tuo museo?

In qualsiasi momento della giornata. Trovandoci in una chiesa, questa ambientazione è un luogo che si carica dell’esterno e in qualche modo lo riflette in ogni momento, in modi differenti. A me piace verso la chiusura, quando si abbassa un po’ la forza della luce esterna e le sculture si illuminano ancora di più. Il lavoro fatto per ricreare la luce naturale ha una forza maggiore. Forse mi piace anche perché sta per chiudere e quindi quando una cosa sta per finire ti piace di più. In ogni momento della giornata c’è questo bellissimo rapporto tra luce artificiale e naturale, e vive magnificamente in diversi momenti della giornata.

Light company da tempo indirizza la sua ricerca verso la luce organica: una luce in grado di emulare i comportamenti della natura, di mutare e assecondare il ciclo solare; pensi che questo approccio possa valorizzare il tuo lavoro?

Tutto ciò che è coraggioso va sperimentato. Altrimenti rimaniamo incastrati nella tradizione, perché è una certezza, sappiamo come funziona. Quello che facciamo qua oggi a Napoli è iniziare a sperimentare qualcosa di nuovo, io sarò ben felice di poter vedere come la vostra avanguardia potrà partecipare alla mia ricerca futura, perché siete l’unica possibilità effettiva che ho di vedere le mie cose in modo diverso, perché la verità è che non penso di sapere tutto delle mie opere, ogni contesto racconta cose nuove e io imparo, quindi voi oggi mi insegnate molto su qualcosa che pensavo fosse chiaro e in realtà non lo era, ho imparato delle cose nuove grazie a questa esposizione e anche grazie a questa collaborazione, grazie a quello stesso sentimento che io credo di mettere nelle mio lavoro e che ho riconosciuto anche nel vostro.